mercoledì 1 giugno 2016

L'INTERVISTA

L'eros noir di Sara Bilotti "sfida" il porno-soft di Irene Cao


Il primo libro della trilogia, L'oltraggio (Einaudi Stile Libero)

Due fratelli belli, ricchi, amanti perfetti, Alessandro ed Emanuele, l’uno più intellettuale, l’altro più sensuale. Due amiche cresciute insieme, Corinne ed Eleonora, legate da affetto ma anche da invidie e risentimenti antichi. Una tenuta lussuosa in Toscana in cui le coppie cambiano e gli amplessi girano come in un vaudeville. Una comune dei giorni nostri, in cui tutto si divide, ma tutti hanno qualcosa da nascondere.
 
“L’oltraggio” è il primo libro della nuova trilogia erotica italiana che va alla conquista del mercato (Einaudi Stile libero, pagg. 298, euro 9,00), minacciando di scalzare dal trono delle scrittrici ero-soft la pordenonese Irene Cao. Lo firma la napoletana Sara Bilotti, 43 anni, ex insegnante di danza classica, al debutto nel romanzo dopo una prima raccolta di racconti noir, “Nella carne”, pubblicata nel 2010. Sesso torrido, ma altrettanta attenzione alle zone d’ombra del cuore: questo mix, spiega Bilotti, è quello che nella sua trilogia fa la differenza. Ecco come ce la anticipa.

 
Ha letto le “Sfumature” di E. L. James? «Sì, ma non sono il mio genere. Di solito non leggo romanzi “rosa”, cerco piuttosto un mistero da scoprire. Se hanno avuto successo è perchè esiste una fascia grande di lettrici e lettori che vuole si parli di sesso e di quelle pulsioni che sono una parte autentica di noi stessi, ma che tendiamo a reprimere. Sono divertenti, ma diciamo che il lato oscuro di Mr. Grey non mi bastava».

 
E la trilogia di Irene Cao? «Ho letto il primo libro, “Io ti guardo”, poi mi è mancato il tempo. La sua scrittura mi è più affine, penso che noi autrici italiane riusciamo a dare maggiore profondità e senso alla ricerca su noi stessi che passa anche attraverso il corpo. Irene Cao mi è piaciuta, ma personalmente nei personaggi cerco sempre la contaminazione con un elemento diverso dal sesso, voglio capire che cosa c’è sotto la maschera».

 
La Cao è passata come la James italiana. Lei non ha paura di passare come l’anti-Cao? «Spero di no. Per quel poco che la conosco, è una persona deliziosa. Appartengo a un genere simile ma diverso, più appassionato al noir. Però condividere una fetta dei suoi lettori mi fa piacere, Irene ha avuto un successo pazzesco».

 
Il primo libro della trilogia si intitola “L’oltraggio”. Perchè? «Perchè uno dei protagonisti subisce un oltraggio alla bellezza che ogni essere umano porta in sè, un oltraggio che spezza, che divide l’identità e la porta su due strade diverse: quello che avresti potuto diventare e quello che diventi. L’oltraggio si ripercuote sugli altri, creando un mondo parallelo dove tutti recitano».

 
E i prossimi libri? «Saranno ”La colpa” e “Il perdono”. Che non significa necessariamente un lieto fine. Anche Eleonora ha un suo segreto e un suo danno da risolvere, quando toglie la maschera agli altri dovrà farlo anche a se stessa. Io non scrivo favole. Il finale non è mai definitivamente buono, positivo o negativo. C’è sempre una lettura più oscura, come nelle persone, nella vita».

 
In che cosa è diversa la sua scrittura da quella della James e della Cao? «È difficile parlare della propria scrittura. “L’oltraggio” non è il racconto dell’evoluzione di un rapporto di coppia, come nella James, ma la ricerca di identità da parte della protagonista, il cui corpo diventa un mezzo. Nella Cao c’è molta più introspezione e meno favoletta, in questo ci assomigliamo, ma la mia è una direzione diversa».

 
Come spiega il successo di questi libri erotici scritti da donne? «Forse hanno tirato fuori una frustrazione, il tentativo forzato di reprimersi. Personalmente riconosco i miei istinti, non solo quelli legati alla sessualità, ma anche quelli dell’odio, del rancore. Non li nascondo sotto una maschera, così li controllo. La famiglia del Mulino Bianco è pericolosa. È la finta indifferenza verso la nostra parte più istintiva, è la rappresentazione che castrando certi impulsi negativi li si nutre, li si concentra e li si inasprisce.

 
Secondo lei gli uomini leggono questi libri? «Più di quanto immaginiamo. Finora, però, nessuno di loro mi ha scritto. In rete, nei blog, ho avuto invece tante recensioni di donne, che hanno colto il mistero che è il cuore della mia ispirazione. Che hanno capito che anche in Eleonora c'è qualcosa di respingente. E si sono innamorate di Emanuele». 


Anche lei? «Io amo tutti i miei personaggi, anche negli aspetti negativi. Ma Emanuele è sul podio. È frutto dell’esperienza di più persone. Se esiste? Speriamo di sì». 

 
Tre libri un’esigenza sua o dell’editore? «Avevo una storia lunga da raccontare, ne abbiamo discusso e Stile Libero ha accettato la sfida. Perchè questa lo è. Erano entusiasti degli elementi che diversificano la mia dalle altre trilogie. Così ci siamo detti: proviamoci!».

 
Chi ha letto per primo il libro? «Severino Cesari e Rosella Pastorino della Einaudi. Il manoscritto due, tre amici. Non è mia abitudine far leggere i miei romanzi. Adesso lo sta leggendo mio padre... Nessun problema, ha una mente libera e aperta».
 

E i suoi figli? «Hanno dieci e dodici anni, ancora non è il momento, ma a tempo debito sì. Sono abituati da sempre a vedermi scrivere senza scopo e adesso sono incuriositi dalla mamma “scrittrice”di professione, che rilascia interviste...».
 
Il suo non è un ambiente proprio trasgessivo... «Per niente, vivo a Quarto, alla periferia di Napoli. Da adolescente era complicato. Sono stata educata alla libertà di pensiero e il paese era carico di regole e tradizioni abbastanza soffocanti. Io le ho rotte le regole, ma poi ho anche fatto un passo indietro, perchè non si cambia la testa delle persone. Perciò mi sono ritagliata uno spazio, un nido in un angolo della campagna».

 
Come hanno accolto il libro? «All’apparenza molto bene, anche chi non gradiva il mio modo di essere. Nel paese sono diventata un “personaggio”, gli equilibri sono cambianti. Prima, negli incontri, alle cene, venivo derisa. Non ho mai avuto paura di parlare di politica o di sesso a tavola, argomenti considerati da uomini, non mi stava bene che uomini e donne sedessero separatamente e ho preteso di bere vino nei bicchieri di vetro, non di carta, come quelli riservati alle donne. Siamo a questi livelli...».

 
Ha già in mente qualche nuovo progetto? «Beh, ho quindici romanzi nel cassetto, il primo l’ho scritto a 11 anni, era molto romantico, scoprivo l’altra metà del cielo, ma sempre con un piccolo mistero da svelare. I romanzi sono cresciuti con me e vorrei riprodurre il percorso della scrittura nella pubblicazione».

 
Ce n’è uno cui tiene in modo particolare? «”Schiavi”, dove ci sono molti elementi autobiografici. L’elemento erotico è meno preponderante, ma c’è sempre la caratteristica dei personaggi di sentire col corpo, più che con i sensi o con l’esperienza».

 
Lei è sposata? «Sì, ma mio marito odia la ribalta. È contento di quanto mi accade, ma si mette in ombra e mi chiede di non coinvolgerlo. Non sono sicura che leggerà il libro, non è stato educato alla lettura».

 
Magari presto sarà lui a rimanere a casa...  «Non ce lo vedo. Nel mio ambiente sarebbe una vera rivoluzione. Inaccettabile».

 
Eleonora le assomiglia?
«Nell’atteggiamento verso la disciplina. Ho una parte selvatica, istintiva, ma anche attrazione verso chi la sa praticare».
@boria_a



Sara Bilotti, 43 anni, scrittrice napoletana

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