sabato 13 dicembre 2014

MODA & MODI

Scarpe killer

Scarpe assassine su suole “siamesi”. La linea si chiama “Conjoined illusion” (www.notjustalabel.com) ed è firmata dalla giovane designer Carolin Holzhuber, tra i finalisti dell'edizione 2014 nella sezione Accessories al concorso per fashion designer ITS, a Trieste. Nell'anno che celebra le calzature più temerarie, aggressive, feticistiche, pericolose, quelle che ispirano soggezione mista a desiderio, in una carrellata attraverso i secoli, dalle “ciopine” veneziane agli stiletto d'acciaio di Louboutin, le sue sono al top, degne di essere messe in mostra, insieme ad altre, già notissime, di queste armi improprie, dal fascino perverso.

Conjoined illusion di Carolin Holzhuber

Il Brooklyn Museum (fino al 15 febbraio) la definisce una sorta di “arte di uccidere”. La mostra si intitola infatti “Killer heels” (the art of the high-heeled shoe”) e propone, fino al 15 febbraio, anche le straviste scarpe stringate bluette, dal tacco e plateau impressionanti, che fecero precipitare Naomi Campbell in passerella nel 1993, consegnandola agli annali della storia delle calzature da concupire ed evitare.
Naomi Campbell precipita sulla passerella di Vivienne Westwood

Oggi, guardando l'evoluzione di design e tecnologia proposta da Carolin, ci sembrano quasi scarpette per bambini ed anziani, chiuse col velcro.
Le rivedremo, comunque, nel giugno 2015, al Victoria & Albert di Londra, che ha messo in cartellone, senza troppa fantasia, “Shoes: pleasure and pain”, scarpe croce e delizia, presentando, un po' sulla stessa falsariga dei colleghi newyorkesi, 200 modelli, che comprendono le platform assassine di Vivienne Westwood, Alexander McQueen e le sue scarpe “armadillo” (pericolose e, diciamolo, altrettanto sgraziate, fanno un piede goffo e simil-ingessato), le ballerine rosse disegnate per Moira Shearer nell'omonimo film del 1948, e poi le calzature delle dive, dalla Monroe a Sarah Jessica Parker, che ha consegnato all'immaginario televisivo di molte le “Manolo” e le Jimmy Choo.
Ma torniamo a Carolin Holzhuber e alle sue “illusioni siamesi”, architetture gemelle da piede. Cambia la lettera dell'alfabeto per identificare una sorta di scala Richter della suola - I (carbonio), H (cuoio color limone, peeptoe, piattaforma geometrica), F (si allungano alla caviglia con dettagli metallici, peeptoe e piattaforma), A (double face, blu o bianca, dipende dall'umore), C (anche qui carbonio, una sorta di calzari futuribili in azzurro polvere), con un prezzo che è killer almeno quanto il design: da 2.800 a 3.400 sterline più o meno. Al confronto, quelle di un'altra giovane designer, Chau Har Lee (www.chauharlee.co.uk), che a Trieste vinse ITS Accessories nel 2009 e nello stesso anno l'award di Manolo Blahnik, e che ora sono esposte nella rassegna del Brooklyn Museum, anch'esse costruzioni ardite, architettoniche e iper-techno di metalli, legni, plastica, pelle, sembrano quasi facili da infilare, da sostituire alle scarpe da ginnastica prima di entrare in ufficio.

La scarpa di  Chau Har Lee


Siamo ormai al confine con l'oggetto da arredo puro, su cui investire come su una scultura. L'Eamz disegnata dieci anni fa da Rem Koolhaas (pur comodissima e indossabilissima) ha segnato la strada: scarpe fungibili con pezzi di design. In una delle più recenti e godibili serie tv, The Fall, una delle giovani donne, single e in carriera, che sono sulla lista nera dell'insospettabile killer, tiene le sue scarpe in camera da letto, custodite in un vetrina in stile, come una collezione di cristalli, di ovetti di Limoges.
twitter@boria_a
Le "ciopine"veneziane in mostra al Brooklyn Museum

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