venerdì 10 luglio 2015

IL PERSONAGGIO

Demna Gvasalia a Trieste, giurato a ITS 2015 (10-11 luglio): "Non mi piace come il fashion system impone le sue regole"


Demna Gvasalia

 


Undici anni dopo il georgiano Demna Gvasalia ritorna a Trieste con lo stesso modo di lavorare in testa: prendere un pezzo di abbigliamento classico, maschile o femminile, scomporlo e poi reinterpretarne dettagli, stampe e forma in chiave moderna. Allora, nel 2004, applicando questo criterio a una collezione uomo dal titolo singolare, "Fully dressed without a smile", vestito di tutto punto senza un sorriso", vinse il "Fashion collection of the year", il premio più importante di ITS Three. Uomini con bei giubbotti di lana e pelle, trench e camicie con un accenno di sparato, pantaloni morbidi sui fianchi e affusolati ai polpacci: il tutto decostruito e ricostruito fino a creare uno stile metropolitano, aggressivo ma anche morbido, ironico.
Il successo ha aperto a Demna, uscito dalla Royal Academy of Fine Arts di Anversa, le porte degli uffici stile di Martin Margiela e Louis Vuitton, dove si è fatto le ossa ma ha anche capito quanto possa essere stritolante il calendario del fashion system, con le sue collezioni obbligate ogni quattro mesi.
Il sorriso era scomparso anche a lui. Così, un paio d'anni fa, con alcuni giovani designer all'epoca inseriti in altri marchi, Demna ha deciso di prendersi tempi diversi e dar vita a un nuovo brand, Vetements, con base a Parigi, che, ancora una volta, rilegge l'abbigliamento classico sballandone proporzioni e accostamenti, per vestire un popolo giovane e underground. Vetements - vestiti, appunto, perchè il focus è sui capi non sulla griffe - è stato selezionato quest'anno tra i finalisti del LVMH Young Fashion Designer Prize e nei mesi scorsi si è conquistato i titoli dei magazine specializzati proponendo l'ultima collezione, autunno-inverno 2015, nel sexy club gay Le Depot, a Parigi, una location efficace per rappresentare i lati controversi della moda. Così Demna, quest'anno giurato a ITS 2015, ci racconta le sue scelte.
Quando lavorava per altri brand, che cosa non le piaceva del fashion system?
«Il modo in cui impone le sue regole. Tutti le devono seguire. Semplicemente non ero d'accordo».
La pressione e i ritmi serrati delle collezioni hanno finito per bloccarla?
«No, anzi. La pressione per me ha funzionato all'opposto, ha stimolato la nascita di un'idea creativa personale e la voglia di metterla alla prova. E mi ha motivato nella decisione di dar vita a un brand tutto mio».
Quindi "Vetements" è nata dall'esigenza di lavorare secondo i suoi ritmi?
«Direi piuttosto dall'esigenza di esprimere me stesso senza condizionamenti e da un senso di liberazione».
Lei è alla guida di un gruppo di designer che vogliono restare anonimi. C'è l'idea di privilegiare la "squadra" piuttosto che i singoli?
«Ho fondato personalmente il brand e ora ne ho la direzione creativa insieme al mio team. Alcuni si occupano del design, gli altri dello sviluppo del prodotto e delle vendite. Siamo in pochi, quindi è inevitabile che tutti facciano un po' tutto. La squadra è composta da gente giovane e divertente e funziona. Ma nessuno si sente a suo agio a essere ripreso o fotografato, così per noi è stata una scelta del tutto naturale rimanere sullo sfondo del nostro lavoro, che in ogni caso deve parlare da solo».
Per lei cos'è la creatività? E va d'accordo col business?
«Creatività per me significa avere idee che eccitano e motivano lo sviluppo e il desiderio. E non solo è possibile ma anche molto facile combinare creatività e business, quando le idee si combinano con il desiderio».
Come lavora il gruppo di Vetements per una nuova collezione?
«La nostra squadra si basa sulla discussione e il confronto. Parliamo molto, lavoriamo con statistiche e facciamo ricerche teoriche su che cosa piace indossare alla gente che ci piace e che prendiamo come punto di riferimento. Analizziamo come si veste e come possiamo intervenire su questi elementi per creare un nuovo prodotto».
E l'ispirazione da dove vi viene?
«Dalla strada, dalla gente intorno a noi, dalla gente reale, dai nostri amici. E poi da Internet, Instagram, Facebook, dalle file nei supermercati, dai codici del vestire».
Avete in mente una donna o un uomo particolari quando disegnate?
«Cool, naturalmente».
È vero che le piacerebbe collaborare con Ikea?
«Oh, l'ho detto molto tempo fa... I nostri desideri cambiano e si evolvono con il tempo. Adesso penso piuttosto a una collaborazione con Walmart. Ma su questo progetto davvero non posso sbilanciarmi di più».
Che cosa le ha lasciato il lavoro da Martin Margiela e Vuitton?
«Esperienza preziosa e maturità professionale».
Si ricorda quella notte a Trieste, nel 2004, quando vinse il premio più importante di ITS Three?
«Certo: una gioia infinita, motivazione forte e molti vodka-Red Bull.
Da giurato, che cosa cercherà nelle collezioni dei finalisti?
«Individualità».
twitter@boria_a

"Fully dressed without a smile" la collezione con cui Demna Gvasalia ha vinto ITS Three a Trieste nel 2004 (foto Andrea Lasorte per Il Piccolo)

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